«Manca uno stile inscritto nel codice deontologico di una politica orientata solo al bene comune. C’è un urgente bisogno di gesti di responsabilità politica che restituiscano serenità, dignità e decoro». Così scrive in un comunicato l’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo.
nn
Lo scrive in occasione del 29esimo anniversario dell’omicidio del sindaco della città di Molfetta, Gianni Carnicella. Ma lo scrive anche come riflessione della bufera giudiziaria che assai recentemente si è abbattuta su amministratori, politici, dipendenti comunali e imprenditori di quella città. «È un quadro desolante delle funzioni pubbliche di appalti, forniture e affidamento di lavori squallidamente svendute in un mercimonio di “mazzette e prebende” – si legge nel comunicato – La magistratura deve fare il suo corso, ma non possiamo tacere la preoccupazione, lo sgomento e l’indignazione per lo scenario di opacità politico e amministrativo rilevato dalle indagini».
nn
Lo scenario preoccupante su cui l’Ufficio comunicazioni sociali riflette, non riguarda purtroppo solo una città. Le cronache recenti hanno fatto emergere quel «malcostume che speravamo definitivamente archiviato». Quello che più preoccupa i redattori del comunicato è il cortocircuito di sfiducia che si è creato tra la cittadinanza e la politica. «Genera sconcerto – continua il comunicato – il sentire i cittadini che plaudono alle opere pubbliche, considerando inevitabile il prezzo da pagare al sottobosco di procedure amministrative. Il “quanto” fatto conquista il palcoscenico, e il “come” è stato fatto viene nascosto».
nn
Di esempi se ne possono trovare a dozzine, basta guardarsi intorno in ogni singola città, non solo in quella della Diocesi. Opere pubbliche che spesso non hanno ragione di essere realizzate, il bene pubblico che spesso diventa bene per il privato. Anche il lessico usato dai politici di turno diventa fattore di rottura e non di unità di intenti, come la buona politica dovrebbe essere, e genera spaccature all’interno di intere comunità, fazioni che si lasciano «incantare» e che diventano solo vittime della confusione creata da chi dovrebbe agire per la collettività.
nn
Lo sentiamo in Tv, è raccontato dai telegiornali. Ogni città ha una sua sfumatura diversa, ma in comune c’è quel distacco tra la politica e la cittadinanza che dovrebbe diventare più attiva, al di là di ogni estrazione politica. «C’è bisogno – conclude il comunicato – di ritornare a respirare buona politica, politica generativa. C’è bisogno di rifondare un’etica “per il bene”, dell’onesto, del pulito. Sono da ripiantare i paletti caduti dell’equo, del corretto, perfino dell’opportuno e del buon gusto. C’è bisogno che ognuno faccia la propria parte nel riportare alla coscienza, alla consapevolezza, un popolo che rischia di assuefarsi al malcostume».
n