Cronaca

Discarica: incendi e polemiche

mino ciocia
San Pietro Pago
Una storia lunga trent'anni
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Ci sono volute 12 ore per avere ragione dell’incendio che ieri pomeriggio si è sviluppato nella discarica di San Pietro Pago. Le polemiche però, intorno a quell’episodio, avranno bisogno di molto più tempo per placarsi. Rimpalli di responsabilità tra passato e presente, accuse e scuse, che però non tengono conto di un dato essenziale. Quell’incendio è stato di origine dolosa. Lo hanno detto i Vigili del Fuoco che hanno individuato da dove le fiamme sono partite. Tre diversi punti, vicini tra loro. E ad appiccare quelle fiamme è stata la mano di un uomo. Perché lo abbia fatto? Questo lo dovranno stabilire gli inquirenti. Intanto però anche la politica dovrebbe rimettersi all’evolversi delle indagini, invece di polemizzare e rimpallarsi responsabilità. Un dato è certo ed è anche noto. Le vicende delle discariche, di tutte le discariche italiane, non sono mai di una trasparenza cristallina. E se al loro interno succede qualcosa non è mai per caso. Lo abbiamo visto con la terra dei fuochi, lo vediamo con le tante discariche abusive che ogni giorno vengono scoperte, proprio ieri una ennesima in Puglia. E allora perché non tacere ogni tanto, piuttosto che puntare il dito verso la luna senza però mai vederla?
Le vicende legate alla discarica di San Pietro Pago vengono da lontano. Da più di trent’anni. Una lunga storia, che forse è bene ricordare a beneficio dei più giovani, anche di quelli che oggi sono seduti tra i banchi del consiglio comunale e che forse non erano ancora nati o erano giovanissimi quando tutto è cominciato. È una storia in cui sono protagonisti e a vario titolo hanno responsabilità, tutti i sindaci e tutte le amministrazioni comunali che si sono alternate in questi tre decenni. A cominciare dalla posa della prima pietra, o meglio dalla posa del primo sacchetto di rifiuti. La prima concessione fu resuscitata da Nunziante, attualmente vice presidente della Regione e allora Commissario prefettizio, sulla scorta di documenti non proprio limpidi presentati dal sindaco e vicesindaco precedenti: Milillo e da Marchiselli. Era una discarica che al momento della sua apertura, insieme a quella di Bitonto, sarebbe dovuta bastare al bacino di cui faceva parte, per 10 anni. C’era anche Bari che veniva a sversare i sui rifiuti a Giovinazzo. E invece dopo i primi cinque anni di attività era già in esaurimento. Arrivavano convogli dalla Lombardia, si sospettò che sotto i rifiuti solidi urbani fossero stati sepolti anche rifiuti ospedalieri. Tutto questo fu oggetto di manifestazioni di tentativi di blocchi stradali per impedire il transito dei camion carichi di rifiuti provenienti da Milano. E poi indagini, con indagati e accusati, di processi arrivati a giudizio, ma sempre con un nulla di fatto. E proprio mentre i primi tre lotti andavano ad esaurirsi, alla metà degli anni ’90, spuntò fuori una corrispondenza tra l’allora sindaco Saverio Andriani e la Spem, questo il nome della società che allora gestiva la discarica. La proposta era quella di impiantare in quel sito un inceneritore. Andriani prese il posto di Berardi, eletto a sindaco ma sfiduciato da una spaccatura nell’allora Dc con protagonisti Damato e Lasorsa. Quella corrispondenza finì nella mani di Ruggero Iannone, che proprio intorno a questo avviò quella che sarebbe stata la sua carriera politica e di amministratore pubblico. Raccolte di firme, petizioni, la caduta di Andriani da sindaco e la nomina di Pasquale Stufano a sindaco, il qual bloccò tutto l’iter della nuova concessione. Questi erano i tempi della «prima Repubblica». Successivamente, siamo nella «seconda Repubblica», la elezione a primo cittadino di Iannone. Il quale, le discariche erano allora sotto l’egida delle Provincie, avviò poco dopo l’iter amministrativo per un primo ampliamento, il IV lotto. Eravamo in emergenza rifiuti, si diceva. Una emergenza che è tornata ogni volta che si è parlato di ampliamenti o sopraelevazione dei lotti esistenti. Anche allora si costituì un comitato contro l’ampliamento della discarica, con raccolta di firme, petizioni, manifestazioni. Iannone terminò anzitempo la sua esperienza da sindaco, ma le vicende di San Pietro Pago continuarono. Con Giuseppe Illuzzi che provò, con una ordinanza che impediva al traffico pesante di percorrere la strada di San Pietro Pago, ma poi anche quel sindaco non riuscì ad impedire l’ampliamento. Complice un’altra sfiducia del Consiglio Comunale nei suoi confronti. E con il commissariamento, il IV lotto prese vita e nel giro di poco arrivò anch’esso ad esaurimento.
È arrivata poi l’era di Antonello Natalicchio. Arrivarono gli accordi di tipo politico. La discarica divenne bene comunale. Arrivò l’impianto di igienizzazione dei rifiuti, il primo in Puglia. Arrivò anche il VI lotto. Doveva essere provvisorio, e invece fu ampliato. Si era di nuovo in emergenza rifiuti, e Nichi Vendola, presidente della Regione, impose le attività in quel lotto, perché era una discarica in esercizio, una delle poche rimaste in Puglia ad essere pubblica. Bitonto aveva ormai chiuso e Trani, l’altra discarica pubblica, era in esaurimento e sotto la lente della magistratura. Nel frattempo Natalicchio riuscì a strappare un accordo con la Daneco, che aveva sostituito la Spem, a investire nella biostabilizzazione dei rifiuti. Somme notevoli, si immaginavano 40 milioni di euro, che avrebbero consentito all’intera Regione di uscire da tutte le emergenze. Infine è arrivata, e siamo ormai ai giorni nostri, l’era di Tommaso Depalma. Dopo un iniziale idillio, testimoniato dai tanti articoli di stampa dell’epoca, la Daneco lasciò gli uffici giovinazzesi. E con essi anche gli investimenti promessi sparirono. Però sempre per far fronte alle emergenze, Depalma con una ordinanza, autorizzò la sopraelevazione dei primi tre lotti. Quelli dell’inizio della storia.
Ancora comitati, ancora manifestazioni, ancora petizioni. Fino a che l’Arpa, l’agenzia regionale per l’ambiente, bocciò quella ordinanza in pieno consiglio comunale convocato proprio per la discarica. Chiusa per questo San Pietro Pago, cessati gli abbancamenti di rifiuti, la discarica continua a far parlare di se. Se è chiusa al conferimento, le attività non sono mai cessate, e non cesseranno a breve. C’è il percolato da raccogliere, c’è il biogas da captare. E quest’ultima operazione è a cura di una società consociata della Daneco, che nei fatti non ha mai abbandonato San Pietro Pago. E c’è una indagine della Magistratura in corso, c’è il sequestro l’area.
Adesso, fino a ieri la discarica continuava a «fumare», si aspetta la Regione, che aveva assegnato oltre 4 milioni di euro a Giovinazzo per la messa in sicurezza del sito, ma che l’amministrazione ha restituito perché, come dichiarò, non era in grado di provvedere alle opere necessarie e alle progettazioni. La Regione, poco prima della pandemia, ha pubblicato il Bando per la progettazione della messa in sicurezza. Si aspettano gli sviluppi. Nel frattempo qualcuno incendia i rifiuti e tutti fanno polemiche.
Naturalmente questa è una ricostruzione sommaria, fatta di ricordi. Non è per niente esaustiva in tutti gli aspetti che l’hanno caratterizzata. Ma, come è scritto nelle Sacre scritture, «chi è senza peccato scagli la prima pietra».

giovedì 28 Maggio 2020

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Ruggero Iannone
Ruggero Iannone
3 anni fa

Mi dispiace sig. Ciocia, nei miei confronti ha preso un abbaglio. Capisco che scrivendo questo articolo ha voluto mettere tutti nello stesso calderone “mal comune mezzo gaudio”, ma non è così. La sua ricostruzione storica va corretta quando parla di me. All’epoca in cui ero Sindaco, ci fu il tentativo , con una delibera,da parte dell’allora Provincia di ampliare il V lotto (quello per intenderci di fronte al VI lotto che è ancora vuoto) ma mi opposi facendo ricorso all’allora CO.RE.CO (Commissione Regionale di Controllo) dimostrando che non era ampliamento ma nuova discarica e vinsi il ricorso. Il IV lotto di cui parla era già in esercizio prima del mio insediamento e poiché era in esaurimento, la Provincia tentò di ampliare appunto il V a cui mi opposi vincendo. Si documenti

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