Cronaca

Anche il crimine è in quarantena?

Domenico Mortellaro
criminalità
Mentre le città sono ferme i clan preparano il futuro
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Le misure imposte dai decreti per fronteggiare l’emergenza COVID hanno stravolto ogni aspetto del vivere sociale. Non fa eccezione il crimine, che in queste settimane sembra vivere un momento di profonda crisi. Conviene cercare di capire bene cosa stia realmente succedendo, perché, quando si parla di crimine, i dati apparenti non corrispondono quasi mai ai dati reali. Ed è bene non farsi mai cogliere impreparati, quando si parla di sicurezza e di legalità. Soprattutto in momenti come quelli che stiamo attraversando, in cui alcune drammatiche conseguenze dell’emergenza possono spingere tutti a scenari più foschi e pericolosi. Stiamo ai dati reali ed apparenti: il crimine, come tutte le altre attività italiane, è apparentemente «chiuso per COVID».
Le statistiche mensili che analizzano i flussi del delinquere risultano azzerate. In Italia non si ruba più, non si rapina più, non si ammazza più. Lo spaccio è ridotto al lumicino, apparentemente confinato a necessità di sopravvivenza per gli irriducibili. Quasi annullato anche il fenomeno dello sfruttamento di esseri umani, tanto nell’universo del caporalato, quanto nelle variegate galassie della prostituzione. Non pervenuti estorsioni e usura – anche qui, se restiamo ai dati reali, quelli nero su bianco.
Colpa della assoluta impraticabilità del campo.
I furti in appartamenti sono impossibili: troppi rischi con le famiglie chiuse in casa. Anche l’elevato livello di guardia di tanti, terrorizzati dalle violazioni del distanziamento sociale, rendono molto difficile aggirarsi indisturbati per la città in caccia anche di un’auto da rubare. Le rapine sono impossibili: negozi chiusi e casse vuote. Le banche aprono a giorni alterni e incentivano le transazioni fatte da casa, supermercati e farmacie sono sotto controllo delle forze dell’ordine, i tabaccai, con la chiusura dei giochi, sono diventati semplici distributori di sigarette e la cassa non vale il rischio. Anche il racket delle estorsioni è costretto al fermo delle operazioni: nessun esercente è in grado di pagare.
Il mercato della droga, se si eccettuano le poche segnalazioni e i rarissimi procedimenti, ha subito anch’esso una brusca contrazione. Brusca fin quasi all’inabissamento. Tanto da far riflettere. Perché, se in tutti gli altri traffici, la domanda si lascia influenzare dall’ambiente circostante, lo spaccio, anche solo per il fatto di operare su una dipendenza, non dovrebbe conoscere contrazioni di sorta.
Qui, insomma, i conti non tornerebbero. Anche perché proprio il crimine organizzato di Bari, da tempo, ha fatto della droga il business principale, destinando i guadagni di questa attività al sostentamento ed alla sopravvivenza dei clan. A Bari, a spanne, parliamo di un migliaio di famiglie che vivono di spaccio e attraverso questa attività controllano i gruppi criminali della provincia rifornendoli.
Cosa sta succedendo, allora? Analisti e investigatori sono d’accordo su un dato: il crimine organizzato barese ha convertito il modus operandi, modificando le vie dello spaccio ed i sistemi di commercializzazione. Quelli che un tempo erano canali riservati digitali – le chat ed i telefonini – hanno soppiantato le piazze di spaccio materiali. L’incontro tra domanda ed offerta avviene in digitale. All’accordo segue la consegna. Le restrizioni da COVID, però, avrebbero mutato anche questo scambio. Perché il rischio di controlli e posti di blocco è alto. Anche in questo caso, una facile soluzione: la Camorra barese si è appropriata del concetto di gruppo di acquisto. Gli spacciatori non si muovono per quantitativi minimi. Esiste una soglia minima – considerevole – sotto la quale non effettuano consegne, di modo da minimizzare i rischi e assicurarsi – pochi maledetti e subito – guadagni che, altrimenti, sarebbero impossibili. Di necessità virtù!
Esiste un altro traffico che preoccupa gli analisti. Proprio perché, come per lo spaccio, si tratta di un business che tende a rafforzarsi nei momenti di crisi. Parliamo dell’usura, che in questi giorni è il vero grattacapo degli investigatori. Siamo in un momento di contrazione di consumo reale. Tantissimi commercianti sono esposti ai morsi di una crisi piovuta assieme ai decreti; al tempo stesso le misure di sostegno si stanno mettendo in moto con grande difficoltà, vista l’enormità del problema. Quello che gli analisti temono è che i clan che gestiscono l’usura attraverso fiduciari sul territorio abbiano dato l’ordine di allentare i cordoni della borsa e garantire condizioni vantaggiose, in questo momento di magra. Riservandosi, dopo, di calcare la mano. Tanto a livello di interessi praticati, quanto a livello di violenza e insistenza delle minacce. Del resto, attorno, per chi pratica lo strozzo, in questo momento, ci sono opportunità sterminate. Anche e soprattutto in provincia, dove le crisi di consumo tendono a manifestarsi con più forza.
Questo lo scenario di un territorio complesso come quello dell’Area Metropolitana di Bari. Per la nostra cittadina, a grandi linee, valgono queste regole. Con una lettura più profonda che, però, sottolinea un pericolo. Secondo le analisi degli investigatori della Direzione Investigativa Antimafia, da tempo Giovinazzo non esprimerebbe più una criminalità autoctona organizzata e capace di ragionare come un unico corpo con le centrali del crimine baresi e con i sistemi criminali dei paesi vicini. Da tempo gli analisti sottolineano come la nostra cittadina conviva con una serie di piccoli gruppi che si animano attorno a battitori liberi. Allo stesso tempo, però, la domanda espressa in termini di stupefacenti sarebbe altissima. C’è un rischio: i clan baresi potrebbero approfittare di questa situazione inedita per piantare saldamente non solo delle antenne, ma delle vere e proprie bandierine sul territorio cittadino, approfittando di un momento così difficile anche per chi spaccia da battitore libero. Del resto, è già successo a settembre scorso, quando le operazioni del pool antimafia di Bari sgominarono una filiale della Federazione Strisciuglio proveniente da Enziteto che agiva anche sul nostro territorio e stava cercando di radicarsi.
Stesso discorso va fatto per l’usura: esiste il rischio concreto che le frange più deboli del tessuto commerciale e imprenditoriale cittadino possano finire strangolate dal sistema dei prestiti a strozzo. Ed assieme ad esse, nella rete ci finiscano pure le famiglie. Anche in questo caso, già in passato la magistratura aveva dimostrato come i clan baresi operassero attraverso emissari sul nostro territorio tenendo sotto scacco una serie di concittadini.
Proprio per queste ragioni, l’appello delle forze dell’ordine e della magistratura, in questi campi, è chiaro: non illudiamoci, il crimine non va mai in vacanza. Ai cittadini si chiede di denunciare con fiducia, alle amministrazioni di attivare da subito tutte le forme di sussidio e aiuto concreto possibili per supportare le famiglie in difficoltà e le attività in crisi. Attenzione civile e sostegno sociale: vecchie ricette, vero. Le uniche davvero efficaci e praticabili, però.

sabato 4 Aprile 2020

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