Attualità

John Turturro l’antidivo, il racconto del giornalista Rai Nando Nunziante

La Redazione
John Turturro e Nando Nunziante
L'intervista nel 2010 al Cineporto di Bari: «Ricordo il suo tratto umano, una persona affabile con tutti che non si dava arie»
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«Parafrasando Shakespeare, quel 20 ottobre del 2010 per me che sono un cinefilo vero, si realizzava un sogno di un pomeriggiodi mezzo autunno: da una macchina al cine porto uscì, si stagliò la figura inconfondibile di John Turturro, uno che ha recitato per Scorsese, per Woodye Allen, un attore (???) per i fratelli Coen e sopratutto per Spike Lee, per me il personaggio di Pino in “Fa la cosa giusta”, Pino che ama Magic Jonson, Prince, Eddie Marphine, è uno dei personaggi più belli del cinema mondiale di quegli anni».

Comincia così il racconto del giornalista Rai Nando Nunziante, raccolto da Michele De Cicco, che nel 2010 intervistò al Cineporto di Bari l’attore di origini giovinazzesi, tornato prepotentmente alla ribalta delle cronache locali e nazionali per la fortunata serie tv di Rai 1 “Il nome della rosa” in cui interpreta Guglielmo da Baskerville.

«Ebbene quell’uomo – prosegue Nunziante – nonostante questo pedigree si dimostrò subito come una persona assolutamente semplice, affabile, quindi mi avvicinai a lui con grande rispetto ma anche con grande facilità, questo rese tutto molto più semplice, anche l’intervista che gli feci. John Turturro era arrivato a Bari per parlare del suo film documentario su Napoli, che definì “il più grande jukebox del mondo”, un’affermazione sulla quale fui subito d’accordissimo, si chiamava passione, disse:” Chi condivide una passione anche se parla lingue diverse guarda alla vita nella stessa maniera”. Ebbene quello il ricordo che mi rimane di John Turturro è quello di un anti-divo, una persona autentica che buca lo schermo con un volto, un’andatura, un modo di fare che è difficile dimenticare, ma soprattutto ripeto il suo tratto umano, una persona affabile con tutti che non si dava arie e questo per me nella vita è importante perché accorcia le distanze con tutti. Dimenticavo un elemento fondamentale: quando io e lui parlammo, conversammo prima, durante e dopo l’intervista ebbi netta la sensazione che lui non si limitasse a sentire ma che realmente mi stesse ad ascoltare, il che ovviamente mi inorgoglì. Mi diede l’impressione di essere una persona curiosa… la curiosità è il tratto che distingue veramente le persone intelligenti da quelle che non lo sono».


mercoledì 13 Marzo 2019

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