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La Corte Costituzionale si è espressa: per la D1.1 la confisca è legittima

La Redazione
Veduta aerea della D1.1
Ma con l'intervento del Comune ci sarebbero ancora strade percorribili per evitare il peggio
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È trascorso un anno, mese più mese meno, da quando il Giudice della Corte d’Appello, Maria Iacovone, decise di porre il quesito alla Corte Costituzionale circa la «possibilità di addivenire ad un esito assolutorio ed il controllo della ricorrenza o meno dei requisiti di legge per la conferma o per la revoca della confisca». 

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Stiamo parlando della vicenda processuale che riguarda la D.1.1, con i ricorsi in appello dei lottizzanti e tecnici condannati in primo grado per lottizzazione abusiva, con la confisca dei manufatti come pena accessoria e del loro ricorso in appello. Se la pena principale era andata in prescrizione, per la pena accessoria il Giudice Iacovone, nel maggio dello scorso anno, aveva chiesto chiarimenti alla luce anche delle decisioni della Corte Europea di Giustizia che aveva rimandato alle norme italiane l’onere della decisione sulla legittimità della confisca. E lo scorso 8 luglio la Corte Costituzionale si è pronunciata, affermando che, come è scritto nella risposta al quesito, «per queste caratteristiche si pongono a fondamento del complesso sistema sanzionatorio che circonda la fattispecie e che vede il giudice intervenire in via tendenzialmente suppletiva, mediante l’adozione della misura ablatoria, solo laddove a tale esito non si sia giunti per effetto della previa adozione, da parte del comune, dei provvedimenti previsti dall’art. 30, commi 7 e 8 del d.P.R.n. 380 del 2001 e delle eventuali determinazioni dell’autorità amministrativa richiamate sopra». 

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In pratica la Corte Costituzionale ha sancito la legittimità della confisca dei manufatti della D1.1, ma ha anche affermato che, prima che giunga la sentenza finale, l’autorità amministrativa, il Comune in questo caso, essendo materia urbanistica può rimediare ponendo in essere atti e azioni a salvaguardia dei beni oggetto di confisca. Questa tesi fu sostenuta da tecnici comunali e non, da parti politiche con l’obiettivo di risolvere l’intricata matassa della lottizzazione dichiarata abusiva. E invece? Il sindaco Tommaso Depalma ha rigettato qualsiasi istanza per una diversa composizione della vicenda. 

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«S’avvera il sogno eterno del sindaco – scrive il Comitato per la salute pubblica – Poter gridare che a quel “disastro” non c’è rimedio e che l’unica possibilità per il Comune è quella di costituirsi parte civile nel processo contro i responsabili di quelle decisioni». Escludendo gli amministratori dell’epoca e l’intero consiglio comunale che votò quella lottizzazione, mai chiamati in giudizio, i responsabili del disastro rimangono i proprietari dei lotti e qualche tecnico. «Il Comune – scrive ancora il Comitato – poteva e può ancora esperire tutti i tentativi per riparare il guaio grazie ai suoi poteri amministrativi e di concerto con la stessa autorità giudiziaria. Fino alla sentenza della Corte di cassazione si potrebbe provare ad evitare il colpo definitivo. Ma Depalma non ha mai voluto percorrere questa strada. Ci ripenserà? O dovrà farlo qualcun altro se il contenzioso durerà ancora a lungo? A Depalma interessava soltanto strumentalizzare il tutto ai fini di un volgare e squallido guadagno politico, non certo risolvere un bubbone giudiziario -amministrativo». 

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Secondo il Comitato ci sarebbero strada ancora percorribili per evitare la confisca dei beni ai lottizzanti della D1.1. Per evitare che «muoia Sansone con tutti i Filistei». Certo sarebbero strade onerose da percorrere per i proprietari, ma mai quanto la confisca. 

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martedì 20 Luglio 2021

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