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Cuore e talento, la storia di Vincenzo Dinatale uno dei giovani cuochi migliori d’Italia

Nicola Palmiotto
Vincenzo Dinatale
Da Giovinazzo alla cucina del ristorante stellato "Il Pellicano" di Porto Ercole passando per Inghilterra e Spagna. «I piatti vengono fuori dalla mente ma anche dal cuore, sono frutto di sensazioni, esperienze e sentimenti»
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Trovarsi di fronte allo sguardo indagatore di Carlo Cracco, quello di trequarti alla Sergio Leone – come scrive Francesco Pacifico – reso iconico dai programmi tv, non deve essere per niente facile. Figuriamoci se ti deve giudicare nella finale del “San Pellegrino Young Chef”, un concorso in cui si confrontano i migliori cuochi under 30 d’Italia. Chissà cosa sarà passato per la mente di Vincenzo Dinatale, sous chef de “Il Pellicano” a Porto Ercole, che di quella brigata di giovani cuochi faceva parte.

«Il primo impatto mi ha bloccato un po’ ma dopo due minuti che ero lì mi piaceva avere personalità di quel livello davanti a me», racconta il 29enne giovinazzese una delle promesse della cucina italiana, che per i giudici (c’erano anche altri mostri sacri come Cristina Bowerman o Anthony Genovese) ha preparato “pancia di capretto, cicala di mare gonfiata al bergamotto, cilantro, lampascione e mosto cotto di fichi”. «La cicala gonfiata – spiega Dinatale – è una provocazione che mi è venuta in mente mentre guardavo un video virale su internet, in cui i gamberi venivano gonfiati con un gel per renderli più attraenti per la vendita. Sono partito da questa idea, quella di gonfiare la cicala con una salsa al bergamotto, un agrume molto ricco di acido citrico. Così la marinatura parte all’interno del prodotto in maniera molto più uniforme e senza compromettere il colore che si vede in superficie».

Un piatto da cui trapela il genio del cuoco giovinazzese ma che racconta anche il suo percorso in cucina: «Ho abbinato il capretto, che ha un sapore delicato come la cicala, il lampascione e il mosto cotto di fichi, che sono prodotti della mia terra, e ancora il cilantro e il plancton, che mi sono portato dietro dalle altre esperienze». Infatti il viaggio di Dinatale nelle cucine d’Europa è cominciato ormai 16 anni fa rincorrendo una passione che proviene da lontano: «Da piccolo aiutavo mia madre in cucina e sopratutto la domenica mattina, a differenza di tutti gli altri bambini della mia età, mi svegliavo presto per cucinare», rivela.

Da Giovinazzo alla Spagna

Dopo le prime esperienze giovinazzesi al “Porticciolo” e alla pasticceria “Quadrifoglio” («La mattina andavo a scuola e il pomeriggio lavoravo, sabato sera e domenica mattina compresi») sono arrivate le prime avventure lontano da casa: «Nel 2004 sono partito per la Sardegna per la mia prima stagione estiva durante la pausa scolastica. Non avevo ancora compiuto 16 anni infatti ho dovuto aspettare qualche giorno per firmare il mio primo contratto da apprendistato». Da allora Dinatale non si è più fermato: sei stagioni a Pesaro, poi conosce lo chef Giorgio Pini dell’hotel “Dahu” di Madonna di Campiglio («Il primo ad avermi insegnato tutte le basi della vera cucina Italiana»), ma anche l’esperienza a “La Sartoria” di Londra, vicino Piccadilly Circus. Nel 2012 arriva il primo contatto con la cucina gourmet, al ristorante “Cielo” dell’hotel “La Sommità” di Ostuni in cui incontra il cuoco di origine andriese Sebastiano Lombardi («Lo chef più importante per la mia carriera professionale»). L’anno dopo Dinatale è al ristorante “Il Comandante” di Napoli con Salvatore Bianco, ma l’esperienza in grado di cambiare la piega degli eventi e la sua «visione di cucina» arriva solo un anno dopo: il giovinazzese parte per la Spagna destinazione Girona nella cucina di uno dei ristoranti più famosi del mondo “El Celler De Can Roca”.

«In Spagna – assicura – ho cambiato totalmente il mio modo di vedere la cucina. Loro hanno una cultura simile alla nostra, ma il pensiero di cucina è molto diverso. Quasi tutte le cucine hanno un laboratorio dove sperimentano e provano piatti ogni giorno. È anche vero che ho vissuto una realtà estrema: il modo di pensare a “El Celler” è concentrato sulla sperimentazione. Ma in generale lavorare all’estero è importantissimo, c’è una reale necessità di conoscere i prodotti, le culture e le tecniche di cottura degli altri Paesi per restare al passo. In Spagna ho conosciuto gente da tutte le parti del mondo, dal Sudamerica alla Turchia, Singapore, Olanda e tanti altri paesi, ognuno con la sua cultura, e si lavorava tutti assieme». Le ultime tappe sono state in Brianza con Enrico Bartolini al “Devero” e l’approdo al “Pellicano” con Sebastiano Lombardi, ormai tre anni fa.

I piatti vengono fuori dalla mente e dal cuore

La terrazza del “Pellicano” si affaccia sul blu del mare dell’Argentario un posto ideale per cullare i propri sogni sotto la guida di un maestro come chef Lombardi: «Lui è il mio maestro più importante – spiega Dinatale – ma ho imparato molto anche da Giorgio Pini, Salvatore Bianco, Enrico Bartolini e Remo Capitaneo e ovviamente dai fratelli Roca in Spagna. Ma ho appreso tantissimo anche dai tanti colleghi che ho avuto in questi 16 anni di lavoro: ho provato a contarli sommariamente e penso che siano più di 300. Gli chef a cui mi ispiro invece sono tanti e nessuno. Si possono prendere tanti spunti, ma sono del parere che ognuno di noi alla fine deve avere un’identità sua. I piatti vengono fuori dalla mente ma anche dal cuore, sono frutto di sensazioni, esperienze e sentimenti. Mi emoziona tantissimo pensare a piatti nuovi, prima ancora di provarli e assaggiarli».

Un’idea di cucina in cui però restano forti le radici pugliesi: «Della nostra tradizione mi porto sicuramente dietro una cultura di base, quindi l’utilizzo dell’olio extravergine di oliva che spesso prende il posto del burro o i crudi di pesce, e gli ingredienti come cime di rapa, fichi , mandorle, la burrata o le olive».

Il futuro e la ricerca dell’equilibrio

La strada da percorrere è ancora lunga ma Dinatale ha già chiari i prossimi passi. «Sono alla ricerca di un posto dove poter esprimere tutto ciò che in questi lunghissimi anni ho appreso. E quasi sicuramente mi trasferirò in Emilia. Anche se il mio sogno lavorativo è, come tanti miei colleghi, quello di avere un locale tutto mio. Il mio sogno reale invece, sarebbe quello di riuscire a trovare un equilibrio tra lavoro e tutto il resto. Non voglio abbandonare l’ambizione e l’entusiasmo, però spero di riuscire in futuro a dedicarmi anche ai miei affetti e a trovare l’equilibrio giusto».

Che poi al “San Pellegrino Young Chef” abbia vinto un altro cuoco non è un dramma. «Anche se non ho vinto sono veramente entusiasta per come sia andata la gara, ho notato l’apprezzamento che ha avuto la giuria per il mio piatto quindi sono più che soddisfatto del risultato. Sono però cosciente del fatto che non bisogna mai perdere il proprio focus, che nel nostro caso è massimo impegno, rigore e concentrazione sul lavoro». Testa sulle spalle e talento. Il futuro di Vincenzo Dinatale non può che essere radioso.

Si ringrazia per la collaborazione Nica Cardinale del blog Prendili per la gola.

giovedì 21 Settembre 2017

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