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Adolescenti e droghe, come affrontare il problema. Lo spiega l’esperto

Nicola Palmiotto
Antonio Taranto
Dopo il caso del 16enne di Lavagna a colloquio con Antonio Taranto direttore del Dipartimento dipendenze patologiche dell'Asl Bari: «Parlate con i vostri figli e guardateli negli occhi»
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Il drammatico fatto di cronaca accaduto il 13 febbraio scorso a Lavagna, che ha visto un 16enne togliersi la vita dopo una perquisizione della Guardia di Finanza richiesta peraltro dai genitori, ha aperto un dibattito sul problema del consumo delle droghe leggere da parte degli adolescenti e su quale sia l’approccio più corretto che un genitore deve avere in casi simili. Abbiamo chiesto un parere al dottor Antonio Taranto, psichiatra direttore del Dipartimento delle dipendenze patologiche dell’Asl Bari.

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I giovani e la cannabis, la situazione a Giovinazzo

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Nell’ultimo opuscolo, pubblicato dal Dpp dell’Asl, che analizza il disagio e la dipendenza degli studenti delle secondarie pugliesi (dai 14 ai 20 anni) durante l’anno scolastico 2013/2014, sono evidenziati anche i consumi delle sostanze psicotrope (alcool e droghe). Nella provincia di Bari su un campione di 1570 studenti il 26,7% ha fatto uso almeno una volta nella vita di cannabis (marijuana o hashish). Il 24,1% invece l’ha provata negli ultimi 12 mesi, mentre il 17,9% negli ultimi 30 giorni. Quindi in sostanza, circa uno studente su sei consuma abitualmente cannabis.

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A Giovinazzo la situazione, secondo il dottor Taranto, è simile alla media della ex provincia, forse ancora un po’ meglio: «Ma è una differenza che si va assottigliando – spiega lo psichiatra-. Nel 2015 e nel 2016 ho l’impressione che Giovinazzo si sia avvicinata ai dati delle città limitrofe e anche al Serd si è assistito ad un lieve aumento dell’utenza».

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A controprova di questo fatto c'è anche un'indagine dei carabinieri che a novembre 2015 avevano emesso sette ordinanze di divieto di dimora per altrettanti spacciatori, sorpresi a vendere hashish in villa comunale. 

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Perché ci si rifugia nella droga

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I numeri e i fatti di cronaca da soli però non sono in grado di spiegare un fenomeno così complesso. «Bisogna chiedersi – afferma Taranto- come mai un ragazzo di 15-16 anni sente il bisogno di trasgredire. Io credo che anche la povera madre di Lavagna sia stata accecata dalla presenza di questo intruso in casa che è la droga. Ha guardato la droga invece di guardare il figlio, ma tutti facciamo così. A 15 anni succede che un ragazzo vuole conquistare l’autonomia. Nelle tribù primitive c’è un rito di passaggio. Nelle tribù evolute come le nostre questo passaggio si compie attraverso l’omicidio simbolico del padre: prendo le distanze da mio padre mi differenzio da lui. Invece noi continuiamo a plasmare i figli a nostra immagine e somiglianza ma è un’immagine fiacca. Per crescere devo sentirmi dire di no dal padre e dalla madre. Noi oggi questo lo stiamo negando ai ragazzi, li stiamo proteggendo e tutelando anche dai nostri principali collaboratori, gli insegnanti di scuola. A scuola i genitori vanno a litigare con gli insegnati che si permettono di dare un voto basso al figlio». 

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Da qui spesso nasce la spinta a trasgredire: «Il bisogno fondamentale non è avere la droga ma violare la legge del padre, per crescere in un mondo che glielo impedisce». aggiunge Taranto.

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I consigli fondamentali

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«Il primo consiglio fondamentale è osservare i propri figli e parlare con loro – sostiene lo psichiatra-. C’è stato un cambiamento nel profitto scolastico, bisogna chiedersi come mai. Bisogna guardare i ragazzi negli occhi non in maniera inquisitoria, perché gli occhi ti danno delle tracce. Hai notato occhi arrossati o pupille ristrette? È probabile che abbia consumato cannabinoidi; la sera si ritira mezzo addormentato? È probabile che usi oppiacei. Metti insieme quello che senti, quello che dice, quello che senti dire e ti fai un quadro. Se il sospetto c’è: consulta un esperto. Ci si può rivolgere ad un Serd per parlare con lo psicologo più che con il medico, o ad un consultorio famigliare dove c’è uno psicologo che può aiutare a capire determinati comportamenti».

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La denuncia

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«Ci sta a tutela generale, ma solo in un discorso di collaborazione e di intesa con il minore -precisa Taranto-. Andare dalla Polizia va anche bene se c’è un reato. Ma non per punire o sanzionare i nostri figli, per proteggerli. Ma cosa proteggo se non ci parlo con lui? Prima bisogna capire che bisogno ha. Da qui scopriamo quindi un mondo di inadeguatezza genitoriale».

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Il suicidio

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«Il suicidio -osserva il direttore del Serd- è una forma di malattia gravissima che non può essere mai spiegata con un singolo evento frustrante. Alla base della nostra vita c’è l’istinto di sopravvivenza, suicidarsi significa avere una spinta più forte di un istinto fondamentale. Una frustrazione come la bocciatura a scuola, o l’essere lasciati dalla fidanzata, non è di per sé sufficiente. È semmai il dito che tira il grilletto, ma la pistola è già carica. Il ragazzo di Lavagna secondo me non si è suicidato perché è arrivata la Guardia di Finanza, quell’episodio rappresenta una lunga catena di eventi che alcuni studiosi chiamano il "trauma cumulativo" o "atmosfera traumatica". Sarei più propenso a pensare che si è suicidato perché quello era l’ennesimo momento frustrante».

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La depenalizzazione delle droghe leggere

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Nei giorni successivi al tragico fatto di Lavagna si è aperto un dibattito sulla eventuale depenalizzazione delle droghe leggere. Questa l'opinione del dottor Taranto: «Penalizziamo tutti i parlatori a vanvera. Non credo che sia una cosa buona. Se le canne fossero liberalizzate questi incidenti non accadrebbero? Io che lavoro con queste persone dico che se la canne fossero liberalizzate i ragazzini andrebbero a cercare altre cose proibite».

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venerdì 24 Febbraio 2017

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